Il Convegno ha lo scopo di rimettere al centro la questione delicata del “fine vita”, e del senso della vita anche nella sua fase di malattia.
I continui richiami di Papa Francesco a realizzare una società in cui nessuno sia scartato, sollecitano tutti noi a proseguire le riflessioni inaugurate dal network di associazioni “Ditelo Sui Tetti” lo scorso 9 marzo a Roma, con la lectio magistralis di S.E.R. Segretario di Stato Vaticano Card. Parolin.
Presentazione del libro di Gianfranco Lauretano “Beppe Fenoglio. La prima scelta” presso al Società Letteraria di Verona, in P.tta Scalette Rubiani, 1.
Quando don Giussani era venuto a casa vostra, ha visto vostra figlia.
Cosa guardava?
Vedere nell’altro il Mistero è uno sguardo che abbraccia l’altro.
Questo abbraccio è arrivato fino a me.
E così ho capito la carità.
Mikel Azurmendi dalla postfazione postuma
Ca’ Edimar: l’avventura della carità
Ca’ Edimar è una casa di accoglienza che ha la forma di un villaggio. Essa non esisterebbe senza Anna, nata cerebrolesa e vissuta quindici anni priva di ogni autonomia. Eppure la sua vita è stata sorgente di fraternità e di carità. Innanzitutto per i suoi genitori, Mario e Daniela, che, dopo una intensa e appassionante esperienza giovanile, si sono trovati a dover fare i conti con una figlia «così», della quale i medici avevano detto loro: «Non sappiamo se augurarvi che viva o che muoia». L’iniziale smarrimento si apre a un «cammino di conoscenza» di sé e dell’altro per la sorpresa di come don Luigi Giussani, incontrato anni prima, guarda Anna, fino al punto in cui essa sorge dal Mistero, origine e consistenza di tutto. Un vero e proprio capovolgimento. Non più: «Cosa possa fare per te?», ma: «Chi sei tu per me?». Dopo la morte di Anna, lo sguardo sull’altro maturato nel rapporto con lei e l’amicizia con alcune famiglie costituiscono l’Associazione Ca’ Edimar, pensata per accogliere ragazzi “difficili”. Sorprendentemente la sua attività inizia nel parcheggio di un supermercato dove Mario incontra un ragazzino che chiede la carità e lo invita a casa sua.
Il fiume scorreva placido e lento, lì a due passi sotto l’argine, ed era anch’esso una poesia: una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava, e per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all’acqua c’eran voluti mille anni.
E soltanto fra venti generazioni l’acqua avrà levigato un nuovo sassetto. E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo superatomico e per fare cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato col pennellino.